Montale Rangone

La Città

Montale (Muntél, in dialetto modenese) è una frazione di Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena. Conta circa 3800 abitanti ed è situato a 4 km da Castelnuovo e a 8 km a sud di Modena sulla Strada statale 12 dell’Abetone e del Brennero “Nuova Estense”.  Montale è già ricordata in documenti del 1025 e del 1027; in quella terra infatti sorgeva nel Medioevo un castello che fu al centro, nel 1284, di sanguinose lotte che divisero i modenesi in Guelfi e Ghibellini. Le prime notizie su Montale, riportate in una memoria dell’archivio parrocchiale ad opera di tale Gallonio, risalgono al 446 dopo Cristo e da esse ricaviamo che a quei tempi il paese era costituito da due ville con chiesa propria: Villa San Zeno (il patrono della città di Verona) e Villa San Michele. Nel secolo XII vennero unite, ma poi vennero separate nuovamente come testimonia l’abate Tiraboschi nel “Dizionario Topografico” in cui si annota che Montale, nel 1499, divisa allora in due ville, venne ceduta per cambio a Gilberto Pio d’Este. Nel secolo XVIII venne eretta la Chiesa Parrocchiale su una montagnola, detta comunemente “Motta di Montale”. Varie furono le supposizioni intorno alla natura di questo rialzo. Molta luce sulla questione portò il Congresso archeologico internazionale che nel 1871, dopo avere esaminato il luogo, il terreno e la posizione, definì Montal un antico insediamento palafitticolo preistorico. Strumenti vari in pietra, suppellettili, spilloni in ferro e in rame, pugnali, resti di animali e di cocci, rinvenuti durante gli scavi che seguirono (agli scavi furono presenti i celeberrimi archeologi Boni e Pigorini. A quest’ultimo eccelso scienziato è dedicato l’omonimo museo di Roma, in cui è gelosamente conservata la famosa “Venere di Savignano”) sono ora visibili nei musei archeologici di Modena e di Bologna. A imperitura memoria di quello storico convegno resta una lapide presso la Certosa di Bologna e sull’esterno dell’abside della chiesa di Montale. Nel 1996 archeologi di fama mondiale si sono ritrovati a Montale per rendere omaggio alla “terramara” sul cui antico sito, per volere dell’Amministrazione comunale di Castelnuovo, sorgerà nel 2004 uno dei più suggestivi parchi archeologici.

 

Montale chiesa primncipale del paese s.luca


Parco Archeologico della Terramara

Di particolare rilevanza storica il ritrovamento avvenuto a Montale, sul finire dell’800, di numerosi resti dell’età del Bronzo (XIV secolo a.C.), che testimoniano gli insediamenti della “civiltà delle Terramare” (1650-1200 a.C.). Proprio a Montale nel 2003 è stato inaugurato il Parco Archeologico, un museo all’aperto di 23.500 mq. dedicato alla più antica civiltà padana, con ricostruzioni a grandezza originale di ambienti e abitazioni protostoriche, zone di scavo e sale didattiche, realizzato in collaborazione tra il Comune di Castelnuovo Rangone, il Comune di Modena e il Museo Civico Archeologico di Modena. Nei primi decenni dell’ottocento il nome terramare era utilizzato per indicare cave di terriccio organico scavate entro basse collinette, frequenti a quei tempi nel paesaggio della pianura padana. Le collinette non avevano un’origine naturale e il terreno che le costituiva, venduto per concimare i campi, era ricco di resti archeologici. Per lungo tempo questi resti furono attribuiti ad abitati o necropoli di età romana o celtica. Solo dopo il 1860, quando in Italia cominciarono ad intensificarsi le ricerche scientifiche di preistoria, ci si rese conto che la vera origine di queste collinette era attribuibile a villaggi dell’età del bronzo e da allora il termine terramara fu utilizzato dagli archeologi per indicare questi abitati. Grazie ai numerosi scavi le terramare divennero famose in tutta Europa e i loro resti andarono ad arricchire i musei della regione. Gli scavi effettuati negli ultimi vent’anni hanno dimostrato che le terramare erano villaggi fortificati databili fra l’età del bronzo media e recente (ca. 1650 – 1170 a.C.), circondati da un terrapieno e da un fossato. La dimensione di questi abitati variava: da 1-2 ettari nelle fasi più antiche fino a 20 ettari nelle fasi più avanzate. Le case, disposte all’interno del villaggio secondo un modulo ortogonale, erano frequentemente costruite su impalcati aerei come le palafitte, sebbene diversamente da queste non sorgessero in aree lacustri o fluviali. Le case erano affiancate e separate da strade molte strette (tra m. 1,5 e m. 2,5). Strade di dimensioni più grandi dovevano rappresentare le “arterie” principali del villaggio. Erano poi presenti spazi aperti destinati al ricovero di animali, a depositi o ad aree di riunioni. I villaggi erano molto frequenti e tutta l’area comprendente la pianura emiliana e le zone di bassa pianura delle province di Cremona, Mantova e Verona era densamente abitata il numero complessivo degli abitanti era molto alto per quel tempo, poteva aggirarsi fra 150.000 e 200.000. La società era organizzata secondo un modello partecipativo che coinvolgeva tutta la comunità anche se erano attestate già differenze economiche e sociali. Oltre ai capi, i guerrieri rappresentavano l’èlite emergente e un certo status privilegiato dovevano avere anche le loro donne. Importante era inoltre il ruolo degli artigiani metallurghi che realizzavano spade, pugnali, lance, spilloni, fibule, rasoi, ma anche attrezzi per l’agricoltura come i falcetti. Nelle fasi più tarde le differenze fra i villaggi dovettero acuirsi e cominciarono a formarsi centri più importanti accanto ad altri che avevano probabilmente una funzione di centri minori. Attorno al 1200 a.C. il mondo delle terramare entrò in crisi e dopo qualche decennio le terramare scomparvero. Gli archeologi non hanno ancora una risposta per spiegare questo fenomeno ma è possibile che una serie di cause, antropiche e naturali, abbiano determinato la fine del sistema terramaricolo. Tra queste non si può escludere un peggioramento climatico, anche di scarsa entità, che potrebbe aver procurato una crisi dell’economia agricola, base del sostentamento degli abitanti delle terramare. Il cambiamento di clima, tuttavia, non sembra poter essere l’unica causa di un collasso così drastico. La fine delle terramare rappresenta dunque ancora oggi un problema non risolto.

 

Montale parco archeologico di Terramara


Montale e Pavarotti

Nel cimitero della frazione è sepolto, assieme ai familiari, l’illustre e noto tenore modenese Luciano Pavarotti.

Luciano Pavarotti nasce a Modena il 12 ottobre del 1935 e viene iniziato al canto dal padre Fernando, grande appassionato di lirica e ottimo tenore dilettante. Da giovanissimo entra a far parte del coro della cattedrale di Modena e si dedica allo studio del canto insieme al maestro Arrigo Pola, suo concittadino. Il debutto sulla scena avviene la sera del 29 aprile 1961 a Reggio Emilia con La Bohéme, mentre il debutto discografico è dell’anno 1964, con una raccolta di celebri arie d’opera, che Pavarotti esegue accompagnato dalla Royal Opera Orchestra di Londra. Innumerevoli premi, lauree a honorem, dischi d’oro e riconoscimenti in tutto il mondo non hanno incrinato l’attaccamento di Pavarotti alla sua città natale, dove ritorna non appena libero dagli impegni di lavoro.

Luciano Pavarotti si è spento all’alba di giovedì 6 settembre 2007 e riposa nel cimitero di Montale Rangone, in provincia di Modena.

Il cimitero si trova in via Vandelli, nel centro storico di Montale Rangone, località del Comune di Castelnuovo Rangone.
Orari di apertura: estivo dalle 8.00 alle 19.00, invernale dalle 8.00 alle 17.00. Ente di riferimento: Comune di Castelnuovo Rangone, Tel. 059/534811, sito: http://www.comune.castelnuovo-rangone.mo.it
COME ARRIVARE
In auto: dal casello A1-Modena Sud: direzione Modena, poi Tangenziale, ss.12, direzione Pavullo/Abetone. Dal casello A1-Modena Nord: Tangenziale, direzione Sassuolo, uscita 18, direzione Pavullo/Abetone, poi ss.12, direzione Pavullo/Abetone

Montale Pavarotti

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